09/05/2019

“AVVOCATO, NON RIESCO PIU’ A PAGARE L’ASSEGNO A MIA MOGLIE, POSSIAMO FARE QUALCOSA?”.

Questa è una domanda ricorrente per chi ha a che fare con il diritto di famiglia.

Prima di rispondere a questo quesito, però, è necessario fare un passo indietro e partire dal momento in cui sorge il diritto al mantenimento.

Tra le principali problematiche affrontate nei procedimenti di separazione e di divorzio, infatti, vi è quella relativa all’assegno di mantenimento e, in particolar modo, alla sua determinazione.

Durante la vita matrimoniale, entrambi i coniugi sono obbligati a provvedere ai bisogni della famiglia sulla base delle proprie capacità e sostanze. Tuttavia, anche con la fine della relazione e, più precisamente, con la separazione ed il divorzio, possono derivare a carico dei coniugi degli obblighi di mantenimento nei confronti dell’altro partner.

La corresponsione dell’assegno di mantenimento a cui è tenuto un coniuge a favore dell’altro che versi in uno stato di svantaggio economico viene disciplinato dall’art. 156 c.c. (per la separazione) e dall’art. 5, commi 6, 7 e 8 della legge n. 898/1970 (in riferimento all’assegno divorzile).

La funzione di tale assegno consiste nel riequilibrare la situazione economica delle parti per garantire al coniuge economicamente debole di poter comunque vivere dignitosamente e di godere del tenore di vita avuto in costanza di matrimonio.

In passato, infatti, l’unico criterio per la determinazione dell’assegno andava individuato proprio nel tenore di vita, anche se nel 2017 la Suprema Corte ha mutato il proprio indirizzo, modificando il criterio di attribuzione e di quantificazione dell’assegno e ritenendo superato il riferimento al diritto a mantenere il tenore di vita goduto durante il matrimonio. A fronte dei mutamenti economico-sociali intervenuti, la concezione patrimonialistica di matrimonio inteso come “sistemazione definitiva” è ormai stata sostituita con il significato del matrimonio come atto di libertà e di auto responsabilità. Con la sentenza di divorzio, infatti, il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale-affettivo bensì anche su quello economico-patrimoniale, tale da non giustificare l’utilizzo del criterio del tenore di vita. Per valutare il diritto all’assegno di divorzio occorre, dunque, far riferimento ad un parametro diverso ovvero al raggiungimento dell’indipendenza economica del coniuge richiedente.

Tuttavia, nel 2018, la Corte di Cassazione, con sentenza a Sezioni Unite, è tornata ad esprimersi in merito, sostenendo che, al fine di determinare se un soggetto abbia diritto all’assegno, il Giudice investito della causa dovrà adottare un criterio che tenga conto del contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune familiare. È in questo momento, infatti, che si esplica la natura compensativa dell’assegno senza tuttavia eliminare quella assistenziale. Al coniuge, dunque, dovrà essere riconosciuto l’impegno e tutti i sacrifici profusi nella conduzione della vita familiare, nonostante non vi sia stato un concreto contributo economico in senso stretto.

Il contrastante quadro giurisprudenziale creatosi ha richiesto, quindi, un urgente intervento legislativo volto a fissare delle precise linee normative rispondenti all’esigenza di evitare, da un lato, che lo scioglimento del matrimonio sia causa di un indebito arricchimento di uno dei partner e, dall’altro, che produca un vero e proprio degrado esistenziale del coniuge economicamente debole che si sia unicamente dedicato alla cura della famiglia. In tale direzione sono altresì orientati gli ordinamenti europei dove è tenuta presente la priorità che al coniuge divorziato debole venga dato un aiuto economico destinato a compensare la disparità creata dallo scioglimento del matrimonio.

Oltre a ciò, è sorta la necessità di contenere nel tempo la durata di tale assegno, prevedendone la corresponsione in una somma capitale o una limitazione temporale quando il versamento a tempo indeterminato risulti ingiustificato anche in considerazione della breve durata del matrimonio.

Ed è proprio in questi mesi che i lavori della Commissione Giustizia si stanno incentrando sulla proposta di legge che introduce di fatto una profonda riforma in materia di rapporti coniugali in caso di separazione e divorzio.

Passando all’esame del nuovo testo, emerge la possibilità di un assegno di divorzio temporaneo e limitato ad un periodo di tempo prefissato dal giudice per consentire al coniuge economicamente debole di uscire dal periodo di crisi e ciò avverrà qualora la ridotta capacità di produrre reddito sia solo momentanea in quanto dovuta a ragioni contingenti o superabili.

Ma fino a quando l’assegno non sarà “a termine”, quali sono i motivi che possono portare alla modifica o alla revoca dell’assegno di mantenimento?

Alla sopravvenienza di alcune determinate circostanze, infatti, è possibile richiedere davanti il Tribunale la revisione e/o la revoca di tale assegno.

Uno dei fattori principali che può determinare la modifica, in termini di riduzione o aumento dell’assegno di mantenimento, è un notevole incremento o peggioramento della situazione economica di entrambi i coniugi.

Sarà possibile, dunque, ottenere la riduzione quando il coniuge obbligato subisca un peggioramento della propria capacità economica (come, ad esempio, la perdita del lavoro) o versi in condizioni di salute tali da comportare crescenti spese a suo carico per le cure destinate a contrastare l’avanzare delle patologie.

Oltre alle modifiche in termini economici, un'altra circostanza idonea a comportare una riduzione o aumento dell’entità dell’assegno, consiste nella costituzione di una nuova famiglia da parte del coniuge obbligato al pagamento in favore dell’altro coniuge, ovvero dal fatto della nascita di un ulteriore figlio, concepito con un nuovo partner in seguito ad una successiva unione.

L’assegno può essere altresì revocato nel caso in cui il coniuge in favore del quale ne è prevista la corresponsione ha formato una nuova famiglia, intesa come nuovo matrimonio, unione civile ovvero una stabile convivenza (anche more uxorio) con un altro compagno.

Su quest’ultimo aspetto, è doveroso segnalare come la nuova proposta normativa cristallizza di fatto i principi già fissati dalla giurisprudenza, secondo cui l’assegno viene meno alla sopravvenienza di queste ipotesi. Il disegno di legge però non definisce le caratteristiche della stabile convivenza, rimettendo ai giudici l’esame del caso concreto e, dunque, la valutazione del presupposto della perdita dell’assegno.

Oltre a ciò, il testo esclude anche l’ipotesi in cui l’ex coniuge possa tornare ad essere beneficiario dell’assegno di divorzio in caso di separazione, scioglimento dell’unione civile o cessazione della convivenza. Il diritto all’assegno, quindi, è revocato in modo irreversibile.

Altre novità riguardano gli elementi da valutare per la valutazione del quantum dell’assegno periodico. Dovranno, infatti, essere considerati non solo le condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito della fine del matrimonio, bensì anche il comportamento tenuto dai coniugi in ordine al venir meno della relazione.

Oltre a ciò, la valutazione della situazione economica non risulta più circoscritta al solo reddito, bensì viene estesa anche al patrimonio inteso in senso lato (ivi incluso quello mobiliare ed immobiliare) dei coniugi.

Sono poi aggiunti ulteriori parametri quali l’impegno di cura personale di figli minori o disabili o non economicamente indipendenti, la ridotta capacità di reddito dovuta a ragioni oggettive e la mancanza di una adeguata formazione professionale quale conseguenza dell’adempimento di doveri coniugali. Si tratta sostanzialmente di un rafforzamento, mediante il riconoscimento con legge, di specifici elementi di valutazione già operanti in sede giurisprudenziale.

Ebbene, a fronte dei numerosi cambiamenti insiti nel tessuto sociale che saranno a breve legislativamente codificati, si può concludere che il granitico criterio del “tenore di vita” sia, ormai, indirizzato verso un progressivo accantonamento ed abbandono.