18/06/2016

E-mail personali dall'account aziendale? Rischio licenziamento

La Corte europea dei Diritti Umani ha sancito che il datore di lavoro non viola il diritto alla privacy di un dipendente se controlla le e-mail inviate dall'account fornito dall'azienda, con conseguente legittimità del licenziamento qualora l'uso avvenga per scopi privati e riduca la produttività.

I Giudici di Strasburgo, infatti, hanno dovuto esaminare il ricorso proposto da un cittadino romeno che si era visto negare dai giudici nazionali il riconoscimento della nullità del licenziamento per violazione del suo diritto alla privacy.

La società datrice di lavoro, infatti, insospettita dall'improvvisa diminuzione di produttività del dipendente, aveva richiesto il controllo della casella di posta elettronica aziendale del lavoratore, rinvenendo la presenza di mail a contenuto personale e destinate ai familiari ed alla fidanzata. Veniva, quindi, disposto il licenziamento per la violazione da parte del lavoratore di una prescrizione del Regolamento interno contenente, per l'appunto, un richiamo espresso al divieto di uso della mail aziendale per scopi personali.

La Corte però, non accogliendo il ricorso presentato dal lavoratore, ha affermato che non vi è violazione del diritto alla privacy di un dipendente quando una società privata controlla le comunicazioni presenti sugli account aziendali, se questo è utilizzato a fini privati, sancendo il principio per cui "non è irragionevole che un datore di lavoro voglia verificare che i dipendenti portino a termine i propri incarichi durante l'orario di lavoro".

Ad ogni modo, la pronuncia non legittima affatto controlli indiscriminati sulla posta dei dipendenti, la cui riservatezza è stata ribadita anche il garante della Privacy italiano, con le"Linee guida per la posta elettronica ed internet" pubblicate in Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10 marzo 2007.

I giudici di Strasburgo, infatti, hanno affermato che nel caso concreto non vi è stata violazione della privacy del dipendente dal momento che il datore di lavoro aveva disposto, con una precisa policy aziendale, il divieto dell'uso per scopi personali dello strumento informatico fornito dall'azienda, e che, nell'esecuzione dei controlli, il datore aveva rispettato i principi di pertinenza e non eccedenza previsti dalla normativa.

L'assenza di lesioni del diritto alla privacy del lavoratore, quindi, discende in particolare dal fatto che il datore non ha utilizzato il contenuto della mail per giustificare il licenziamento, ma che il controllo delle e-mail era finalizzato solo alla dimostrazione dell'uso improprio degli strumenti aziendali, determinante una scarsa produttività del dipendente in danno all'azienda.

La sentenza, quindi, non è destinata passare inosservata e la sua rilevanza mediatica può avere l'effetto positivo di sensibilizzare l'attenzione verso un tema troppo spesso sottovalutato.